Tra mare e calcare

E' il 14 maggio 2011. Una bella giornata. Mi trovo, ancora una volta,  nel cuore del supramonte dorgalese,  fra gli azzurri ed i verdi del mare in lontananza,
immerso fra i lecci e i ginepri intricati sopra  gli aspri calcari di questo magico angolo di Sardegna.  Ah dimenticavo...gli immancabili rovi.  Corrado mi ha convinto
a seguirlo in questo lungo trekking fino ad uno sfondamento improvviso nella roccia
accanto al greto asciutto di un torrente sconquassato dalle recenti piene. "E' sicuramente una grotta..." mi dice,  "E' da controllare"...."Ci vado anche da solo", aggiunge,  ed io, mio malgrado, non posso esimermi dall'accompagnarlo.


Il nero occhieggia sibillino dietro un manto di rovi e frasche intricate. E' appena intuibile da chi
cerca il mare, passeggiando fra ciottoli arrotondati e i grossi tronchi in disordine, trasportati dall'improvviso turbinio d'acque.

 

Ci cambiamo e rapidamente superiamo la coltre di vegetazione,  quasi un drappeggio naturale che nasconde un ampio ingresso.

 

Una serie di gradoni ci consente di superare, in facile disarrampicata,  i primi
sei-sette metri di dislivello fino ad un ambiente altrettanto alto, che comunica con il
sovrastante livello di accesso attraverso un balcone naturale. L'ambiente è piuttosto ampio oltre che stranamente vergine.

 

 

Non ci sono sigle ne segni di nerofumo e siamo in una galleria che sembra voler andare avanti ma una prima curva non ci lascia
intravedere cosa ci attende.

 

La superiamo rapidamente. Facciamo pochi passi e la volta perde in men che non si dica
almeno cinque metri-sei metri, costringendoci carponi, su un letto di depositi vegetali, pietre e sabbie.
Sopra di noi un curioso "serpentone" di conglomerato  crea una sorta di contro soffitto.
Si superano ancora, sempre carponi, un paio di ambienti per almeno una decina di metri di sviluppo. qui le sabbie parrebbero
occludere ogni prosecuzione, pur non sigillando completamente l'ambiente. E' la situazione peggiore
per me, posto che inizio ad inseguire come mio solito, invano, barlumi di nero fra le sabbie.
La condotta termina in un ultimo ambiente che, in breve, rendiamo a misura d'uomo e che culmina
contro alcune concrezioni e contro un fronte di conglomerato. La roccia, stranamente
cedevole alle nostre attenzioni, occlude la via verso una stretta frattura che parrebbe celare un abbozzo di prosecuzione.

 

 

Ci proviamo come sempre, almeno per un oretta, ma è un lavoro da forzati.
La corrente d'aria è debolissima e potrebbe arrivare da ogni dove visto che il soffitto è un intrico di fratture
per noi impercorribili.
Dopo ulteriori, vani tentativi, torniamo sui nostri passi, fino all'ambiente iniziale. Qui muovo qualche grossso blocco
che "purtroppo" mi lascia passare. Sono in un ambiente di frana non troppo ampio
ma più comodo degli ambienti terminali della cavità.
Qui puntiamo dei passaggi discendenti, ostruiti da blocchi e, tra un tentativo e l'altro, ci inventiamo passaggi
su un pavimento che non è un pavimento e sotto un soffitto che non è un soffitto.
Stiamo praticamente filtrando fra i blocchi della frana che proviene dal greto della coduletta poco distante
e procediamo verso il basso. Perdiamo qualche metro per poi arrestarci in corrispondenza di ambienti
troppo stretti.

In basso la cavità diviene impraticabile a causa di grossi blocchi
e lame di roccia che ostruiscono la via, poco più avanti una condottina si arresta contro
roccette e conglomerato, in alto pietre di discrete dimensioni creano barriere che complicano i tentativi di continuare a traversare per la grossa frana i cui profili sembrano lavorati dall'acqua.
Finisce qui ma ci siamo divertiti (....fra i vari impegni...mettiamo in cascata anche questo... che bisogna almeno rilevare.....Come? Non sento bene....No,.... non tutti insieme per favore,
...non urlate....forza tutti in fila...prendete il numeretto....).