Di risa e di pietre...

“Pietra” mi dice Sergio passandomi l’ennesimo sasso. Ci siamo infilati in un budello tra un grosso masso e quella che sembra una parete. Sergio ha appena individuato una possibile prosecuzione: un meandrino in roccia viva che pare pulito. Ma ancora non si passa.

Inganno il tempo guardandomi attorno: ho trovato una posizione appena comoda costretto fra rocce concrezionate, adagiato sul pavimento di fastidiosi blocchi, accanto al passaggio basso che mi ha condotto in questo luogo ameno. In alto, appena qualche metro, l’ambiente si allarga scavalca il grande masso concrezionato alle mie spalle e reimmette nella saletta adiacente di cui è parte integrante. Sono   sovrastato da grossi massi di granito accatastati in maniera confusa su nicchie di terra e roccia ai vari livelli. Anche qui! E anche qui faccio finta di non vedere.

“Pietra” ancora piccoli sassi e manciate di terra. Sergio è infaticabile. Procedo con il passamano depositando i materiali al mio fianco restringendo il già poco spazio a mia disposizione. Di fronte il passaggio pare lentamente aprirsi lasciando filtrare una lieve corrente d’aria. Che sia davvero la via buona? A pochi metri da noi, nella parte più comoda della saletta, Corrado cerca di liberare un pertugio percorribile nel pavimento di grossi blocchi. L’ambiente in cui si trova, l’unico della cavità che consente di stare in piedi presenta un soffitto  parzialmente collassato su cui insistono i cumuli di massi granitici. Ancora una volta ci troviamo nella Codula sotto la Codula….mancano solo gli oleandri e il torrente e ovviamente un po’ di luce e potremmo pensare di trovarci stravaccati tra i massi tondeggianti  del canalone calcareo.

Il pavimento è ricolmo di grossi ciottoli granitici alcuni dei quali si sbriciolano letteralmente in mano. I detriti smossi dall’attività di disostruzione, filtrano verso il basso rumoreggiando di balza in balza. La grotta sembra approfondirsi parecchio.

Corrado è carico continua a smuovere massi per liberare un varco sotto i suoi piedi. Muove una pietra dopo l’altra…  E’ troppo dedito al suo lavoro e non riesce a sentire…è appena percettibile…eppure pare  che la grotta cominci  a ridere…

Non sento  neanche io eppure in questo momento sicuramente ride di gusto….

“Pietra”…”Tra un po’ si passa” mi dice Sergio ma non faccio in tempo a rispondere che un frastuono di pietra su pietra alle nostre spalle mi riempie la testa.

Per un attimo non pensiamo a niente e non diciamo niente. Restiamo immobili come sospesi, è come se  il tempo cessasse di correre e lo spazio tutto attorno sparisca,  mentre poco distanti enormi ciottoli precipitano l’uno sull’altro stridendo contro la roccia viva delle strette pareti nelle quali da chissà quanto tempo si trovavano imbrigliati. Sono pochi secondi ma dilatati. La grotta di prepotenza  si prende tutta la scena. Il gran frastuono ispira filmati e immagini  mentali che proviamo a figurarci a fatica. Non c’è il tempo di provare paura. Restiamo come ipnotizzati da quel sinistro concerto. Poi d’improvviso torna il silenzio. Stavolta la sentiamo la grotta si stà sbellicando dalle risate…si tiene la pancia di blocchi e vuoti insondati e ride a crepapelle… “Oooo” urliamo a Corrado. “Ci sono” dice…”qua è crollato tutto…”….”si è chiuso il passaggio”…. Mi corre un brivido nella schiena e finalmente mi muovo striscio su cumuli di pietre e concrezione di quella straccia-tuta e lo raggiungo. Sembra tutto come l’avevo lasciato ma solo apparentemente. Il cunicolo d’accesso è completamente ostruito da un enorme masso di granito. Lo stesso sotto il quale siamo scivolati a più riprese nelle recenti visite alla cavità…Brividi. Sono senza parole…Il cunicolo oltre il masso in un primo momento mi sembra integro. Forse si esce. Ma in realtà è una pia illusione: da lì non si passa più. Corrado mi fa notare che poco più in alto si è aperta una finestra. Un tunnel costellato di grossi ciottoli. Un nuovo ramo penso tra me e me. Arriva anche Sergio. Niente nuovo ramo. I massi accatastati accanto alla strettoia di accesso sono precipitati verso il basso svelando una diaclasi dalla sezione decisamente più ampia rispetto a quanto appariva nell’originaria configurazione degli angusti passaggi d’ingresso all’ambiente terminale. Davanti al nostro sguardo la frattura è costellata di grandi ciottoli di granito…molti son precipitati verso un livello più profondo ancora ignoto cozzando l’uno sull’altro ma han lasciato spazio a blocchi altrettanto grandi,   ingombranti e soprattutto in equilibrio precario quasi sospesi o appesi a fili invisibili.

Riusciamo a scorgere tra i blocchi la stretta fenditura attraverso la quale siamo filtrati fin qui. Da essa ci separano un paio di metri sopra grossi sassi e sotto un impressionante macigno di granito che non si capisce come faccia a star su. Il passaggio è mortale. Lo liberiamo a fatica  da una grossa pietra che lasciamo rumoreggiare sul pavimento, quindi uno dopo l’altro con il fiato sospeso e i materiali al seguito ripieghiamo filtrando tra  i grandi blocchi prestando attenzione a non smuovere niente poiché la sinistra volta incombe su di noi. La stretta diaclasi di accesso diventa il luogo più sicuro della cavità nonostante qualche ciottolo di più modeste dimensioni incombente ai vari livelli  e sostiamo un poco fra le strette pareti quasi che fossimo a El Alamein o Cazzimborigauizzengaua. Tiriamo il fiato quindi ci trasciniamo, materiali al seguito, per gli angusti passaggi prossimi all’ingresso. La frana tutt’attorno assume un aspetto ancor più sinistro lesta a riempire le fenditure nella roccia viva e a mascherare potenziali vie alte verso la sala terminale.

Prima di ritirarci iniziamo a bonificare seriamente i passaggi prossimi all’ingresso.

La grotta si asciuga le lacrime e si limita a sorridere. Ha capito che non riuscirà comunque a liberarsi di noi. Sa che torneremo a trovarla per riprendere i lavori da dove li abbiamo lasciati. E allora sarà tutta un’altra storia.  Prima però vediamo di bonificare.

Antonio Murgia