Scritto da Antonio Murgia il . Pubblicato in Attività in codula.

L'Inghiottitoio delle sabbie

La lettura di un articolo in un dimenticato bollettino del GSS riporta l’attenzione del gruppo su un inghiottitoio individuato nei lontani anni ’90, posizionato qualche centinaio di metri più a valle di “Su Molente”.  La relazione, appena un accenno in coda ad un resoconto d’esplorazione nella Grotta del Bue Marino, racconta di qualche decina di metri di condotte ferme su cunicoli ostruiti da depositi sabbiosi.

Insisti oggi, insisti domani, riesco a convincere Roberto Loru  a mostrarmi l’ingresso della grotta in questione. In tarda serata, in una delle ormai consuete uscite "codulesche", in corrispondenza di una delle più suggestive anse della Codula di Luna, Roberto si decide a guidarmi, in un intrico di rovi,  in direzione dei versanti calcarei all’apparenza irraggiungibili a causa del folto bosco. Quando ormai si è all’imbrunire riesce a ritrovare la cavità. Un pozzetto che disarrampichiamo in libera ed un basso passaggio in frana ci immettono in una condotta, che ricorda gli ambienti iniziali di  “Su Molente”. Percorriamo una trentina di metri di un accenno di galleria che aumenta di dimensioni fino all’inatteso, improvviso, abbassarsi della volta, in corrispondenza della strettoia terminale. E’ la stessa che aveva bloccato le precedenti esplorazioni.

 

 

 

Qui, una debole corrente d’aria ci invita a ritornare. Una serie di uscite, via via più organizzate, trasformano  gli angusti passaggi ostruiti da sabbie e conglomerato,  in una condotta da percorrere carponi disostruita per almeno sei-otto metri.

 

 

Lo stretto cunicolo terminale  ostruito da uno spesso  blocco di conglomerato non arresta la nostra progressione.   Gianni Dore, Sergio Firinu, Roberto Loru ed Enrico Melis, nel corso dell'ennesima uscita, siamo ormai a fine agosto di quest'anno, fanno cadere l’ultimo diaframma roccioso e si addentrano carichi di entusiasmo nell’oscurità di un ambiente più ampio.

 

 

La saletta si approfondisce di qualche metro e prosegue verso monte e verso valle con dei cunicoli quasi completamente occlusi da sabbie.  L’esplorazione viene quindi riaperta dopo ben diciotto anni. 

Nella successiva uscita, una serie ostinata di scavi, da ricordare per decisione e tenacia, ci consente di avanzare verso valle e il cuore del massiccio calcareo. La sabbia nasconde la prosecuzione ma gli sforzi degli esploratori vengono ripagati da qualche decina di metri di zigzaganti,  basse, condotte forzate, quasi completamente insabbiate, con le pareti adornate di scallops. La grotta parrebbe interrompersi dietro ad ogni svolta ma l’ostinazione ripaga i nostri sforzi. Nel saliscendi dei tortuosi cunicoli si indovinano i "passaggi segreti" attraverso scavi improbabili che portano a setacciare le sabbie quasi alla cieca.

Le condotte immettono con un curioso e impegnativo andamento zigzagante, in una stretta diaclasi in roccia, contro la quale si arresta l’estenuante corsa esplorativa. Il nuovo ostacolo viene superato durante una successiva uscita che ci porta ad attraversare un ulteriore cunicolo sabbioso di una ventina di metri  di non facile disostruzione per la ristrettezza degli spazi. E’ l’ultima barriera che ci separa da una rete di condotte appena più ampie, fangose e bagnate, da percorrere sempre carponi. Con Sergio Firinu e Roberto Loru ci si ritrova in una diaclasi più ampia che finalmente si innalza e consente di riprendere  la stazione eretta a qualche centinaio di metri dall’ingresso della cavità. 

Un ulteriore trentina di metri di stretta galleria ci porta in corrispondenza di un lago sifone alla base di un ampio camino di una decina di metri. Il lago sommariamente esplorato dal nostro amico Marcello Moi parrebbe al momento voler interrompere l’esplorazione. La direzione della galleria terminale è sud-sud ovest dritta nel cuore della montagna verso il collettore della Codula Ilune in un tratto ancora inesplorato verso valle. E’ probabile che la prosecuzione sia da trovare sott’acqua tra i sedimenti di quella che appare come una grande marmitta, scavando sul fondo sabbioso e fangoso o disostruendo strette fratture in roccia ma, al momento, non se ne parla.

Si prende allora a lavorare nel cunicolo che ritorna a monte verso l’ingresso della cavità, verso la Codula Ilune e si disostruiscono, a fatica, altre decine di metri di basse condotte, in spazi sempre angusti che complicano le operazioni di svuotamento dei sifoni di sabbia.

La condotta, strettissima, stavolta parrebbe voler uscire, correndo parallela, ma più in basso di almeno quattro metri, rispetto alla galleria d'ingresso alla cavità, per poi d’improvviso piegare e correre accanto alla Codula Ilune. Qui le esplorazioni sono ferme contro uno stretto passaggio che parrebbe dare adito ad una saletta più ampia e più alta, invasa da grossi blocchi di frana. Quegli stessi blocchi di frana che ormai da anni caratterizzano i nostri incontri con l'impenetrabile barriera rappresentata dal greto del torrente del Rio Codula Ilune.

Sembrerebbe, in prima approssimazione, che le acque arrivino proprio da qui, dalla Codula Ilune, percorrano le condotte verso valle per immettersi, chissà dove, nel collettore attraverso passaggi ancora ignoti.

La storia come sempre non finisce qui.

Antonio MurgiaGruppo Speleologico Sassarese

Hanno finora partecipato alle recenti esplorazioni all’Inghiottitoio delle Sabbie: Cocco Corrado, Dore Alessandro, Dore Gianni, Firinu Sergio, Franchini Fabio, Loru Roberto, Manca Giovanni, Manca Pietro, Melis Enrico, Murgia Antonio del Gruppo Speleologico Sassarese, Masuri Maria del Gruppo Ricerche Ambientali di Dorgali, Moi Marcello  del Centro Speleo Archeologico Dorgali “Vittorio Mazzella”, Sonia Matteoni e Angela Fadda del Gruppo Speleo Ambientale Sassari.